Ceccaroni ospedale Sacro cuore Negrar : “La vera avanguardia è non operare mai la paziente”

 L’endometriosi è una delle malattie che colpisce le donne in età fertile. I sintomi possono essere diversi, ma la caratteristica fondamentale è che questi sono ricorrenti. Resta ancora oggi in gran parte sconosciuta e troppo spesso si arriva tardi ad una diagnosi con conseguenze importanti sulla qualità e sullo stato di salute della donna. Ma quali sono i sintomi che devono far scattare l’allarme? E quali sono i trattamenti medici e chirurgici previsti? Ne parla in un’intervista all’agenzia Dire Marcello Ceccaroni, direttore UO Ginecologia e Ostetricia dell’Irccs Ospedale ‘Sacro Cuore Don Calabria di Negrar’ a Verona, uno dei centri a livello internazionale di riferimento per la cura e il trattamento della patologia


– Che cos’è l’endometriosi e quali sono le cause di questa patologia?


“L’endometriosi è una localizzazione ectopica, ossia al di fuori del posto dove normalmente dovrebbe essere, dell’endometrio che è il tessuto interno dell’utero ed è quello che normalmente si sfalda durante le mestruazioni. Queste isole di endometrio fuori dall’utero si localizzano all’interno della pelvi o dell’addome ed è come se fossero dei ‘micro uteri’ che ogni mese sanguinano e cicatrizzano. Le cause sono molto discusse. La prima ipotesi fu formulata nel 1926 da Sampson e risulta quella più attuale e cioè che la mestruazione retrograda, che ‘risale’ attraverso le tube dentro l’addome, crea delle isole. Questo succede a tutte le donne, ma in talune queste attecchiscono e trovano un ambiente confortevole per sopravvivere. A permettere questo è una risposta immunitaria non adeguata per combattere l’attecchimento di queste isole di endometrio”.

– Ci sono dei sintomi che devono mettere la paziente in allarme e spingerla a consultare uno specialista?

“I sintomi sono vari e molti dipendono dalla localizzazione dell’organo nel quale l’endometriosi si annida. Quelli più comuni sono la dismenorrea, ovvero dolore al ciclo mestruale, spesso ingravescente nel tempo. Circa il 50% delle donne affette da endometriosi profonda riferisce una dispareunia, cioè un dolore durante la penetrazione nei rapporti sessuali che cambia con le posizioni e durante il mese mestruale e periovulatorio. I dolori possono essere avvertiti anche all’atto dell’urinare soprattutto perché l’utero, malato, a volte poggia sulla vescica o perché vi sono dei noduli nella vescica. Il fattore caratterizzante questi sintomi è che sono ciclici e correlati alla mestruazione, mentre altri si caratterizzano nel periodo ovulatorio”.

– Quali sono i trattamenti chirurgici e medici previsti?

“La vera avanguardia terapeutica dell’endometriosi è quella di non operare mai la paziente. Questa è la vera e propria sfida. Il discorso è complesso perché per arrivare a questo obiettivo bisognerebbe avere una diagnosi quanto più precoce, cosa che purtroppo nei Paesi come Europa e America non accade. Si è evidenziato che il tempo medio di ritardo diagnostico è pari a circa 7 anni, e quindi la patologia ha questo tempo per agire indisturbata. Una diagnosi precoce, una cultura maggiore sull’endometriosi tra i ginecologi, i gastroenterologi che sono i prima dai quali le donne vanno lamentando il mal di pancia, i medici di famiglia sono un filtro davvero importante ed un’ educazione fatta alle stesse donne sin dalle scuole porterebbe davvero aiutare ad avere diagnosi precoci che permetterebbero alla malattia di essere trattata farmacologicamente. Le frontiere in tal senso sono le terapie ormonali volgarmente riassunte sotto il nome di ‘pillola’ alcune a basso dosaggio che vanno bene sia per l’endometriosi che per la adenomiosi. La pillola è un buon rimedio per curare e tenere a freno questa malattia. Questo protocollo andrebbe associato all’uso di integratori e all’adesione a corretti stili di vita. Un ruolo importante svolge la nutrizione, in particolare oggi si parla di diete antinfiammatorie. Gli interventi chirurgici sono invece obbligatori quando si rischia il danno d’organo cioè quando la patologia s’infiltra negli organi vitali. Il mio centro è uno dei primi al mondo per interventi di chirurgia per endometriosi e qui osserviamo casi molto severi ad esempio quando l’endometriosi si infiltra negli organi vitali. Ma ripeto la chirurgia deve essere presa in considerazione solo quando c’è il fallimento della terapia medica che deve rimanere la prima chance. Questo perché le chirurgie a volte possono essere molto invasive e mutilanti per una donna”.

– Una delle conseguenze più gravi dell’endometriosi per una donna che segue il sogno della maternità è l’infertilità. E’ possibile avere un figlio comunque per vie naturali o la strada da percorrere, a seguito della diagnosi, è la PMA?

“Io capovolgerei il bicchiere che può sembrare mezzo vuoto. Direi che solo il 30% delle pazienti con endometriosi è infertile quindi il 70% delle pazienti con questa patologia è in grado di avere gravidanze. Molto spesso si abbina ad una diagnosi di endometriosi l’infertilità quasi come un patibolo inesorabile. Non è detto. La chirurgia ha un ruolo fondamentale se ci sono affezioni ad organi, infatti attraverso un’ operazione è possibile restituire la giusta silhouette alle tube, riaprirle ed eliminare sostanze che possono pregiudicare la qualità quantità e lo stesso annidamento dell’ovulo fecondato. I dati del nostro centro, ma anche a livello internazionale, ci dicono che dopo una chirurgia la fertilità di queste donne aumenta del 60-70%. Ma a rendere necessarie le tecniche di Pma sono piuttosto le diagnosi tardive di endometriosi, multiple chirurgie e poi va calcolato che tra le cause d’infertilità incidono anche l’età anagrafica della paziente sempre più crescente e anche il fattore maschile. Diciamo comunque che la ricerca spontanea di gravidanza come tasso di successo aumenta fortemente dopo la chirurgia”.

Fonte agenzia Dire https://www.dire.it/12-11-2020/212950-video-endometriosi-ceccaroni-irccs-don-calabria-la-vera-avangu...

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Alongi Negrar Sacro Cuore Don Calabria: “Con la radioterapia avanzata 2mila sedute in un anno”



"Riusciamo a trattare selettivamente il tumore con minori effetti collaterali"


 
La Radioterapia Oncologica Avanzata dell’ospedale Negrar (Verona) dispone di un innovativo sistema di trattamento radioterapico grazie alla disponibilità di un macchinario, unico nel Sud Europa e quindi in Italia. Si tratta di un acceleratore lineare con integrata una Risonanza Magnetica ad alto campo che porta molteplici vantaggi per i pazienti rispetto alla radioterapia di tipo tradizionale. I pazienti trattati hanno avuto notevoli miglioramenti clinici e non si sono registrati significativi effetti collaterali. In particolare il trattamento si sta confermando un’alternativa all’intervento chirurgico per la prostata. Per capirne di più l’agenzia di stampa Dire ha intervistato il Professore Filippo Alongi, Direttore della Radioterapia Oncologica Avanzata dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar e professore associato all’Università di Brescia.

– La Radioterapia Oncologica Avanzata del vostro Istituto dispone di un innovativo sistema di trattamento radioterapico unico. Di che cosa si tratta e quali sono i tumori che possono essere trattati?



“È un sistema veramente unico perché è l’unica attrezzatura per la cura dei tumori costituita da un acceleratore lineare di ultima generazione e da una risonanza magnetica.

 Sul territorio nazionale la nostra struttura è l’unico centro a disporne e in tutto il mondo ce ne sono circa 22. Quindi abbiamo il privilegio di poter offrire ai nostri pazienti questa arma super avanzata e che riesce ad superare alcuni limiti della radioterapia tradizionale perché la presenza di questa risonanza magnetica, direttamente nella sala di trattamento e combinata con l’apparecchiatura di radioterapia consente di vedere con precisione dove vengono veicolate le radiazioni questo ci consente ‘aggiustamenti’ del trattamento che sono a favore di un coinvolgimento maggiore del tumore con dosi più aggressive e allo stesso modo possiamo essere più ‘difensivi’ rispetto agli organi sani circostanti”.

 Mi ha anticipato, quali sono le differenze rispetto ai trattamenti più ‘tradizionali’. Ma quali sono i vantaggi pratici per il paziente constatati anche grazie alla vostra ampia casistica?

“Abbiamo cominciato questa attività poco più di un anno fa nell’ottobre del 2019 abbiamo trattato il primo paziente.

In questi mesi abbiamo trattato più di 250 casi e per un numero vicino alle 2mila sedute. Ognuno di queste sedute è una ‘frazione’ di trattamento molto elaborata perché per ogni seduta viene effettuata questa risonanza magnetica e viene stilato un piano di cura del giorno. È questo il ‘segreto’ di questo tipo di radioterapia che noi chiamiamo ‘adaptive‘. Guidati dalle immagini riusciamo appunto ad adattare il piano di cura alle ‘circostanze’ del giorno in cui si trova il paziente. Otteniamo alla fine un’ottima tollerabilità del trattamento e riusciamo a somministrare delle dosi alte, anche maggiori di quelle della radioterapia tradizionale, con una potenzialità maggiore di controllare o distruggere la malattia tumorale ottenendo una riduzione o assenza di effetti collaterali. I nostri 250 pazienti sottoposti a trattamento sono stati ‘stressati’ con una serie di questionari composte da domande articolate per capire che tipo di impatto il trattamento ha sulla qualità della vita e anche nei soggetti più anziani. Abbiamo inoltre osservato che il trattamento è ben tollerato anche nei soggetti fragili. La radioterapia moderna riesce a dare risposte maggiori con minori effetti collaterali anche nel tempo”.

– Quando può essere una valida alternativa all’operazione chirurgica, ad esempio nel caso di tumore alla prostata?


“Sul
tumore alla prostata godiamo di una ampia casistica e abbiamo dedicato molto tempo allo studio dei trattamenti con un numero ridotto di frazioni tanto che il trattamento è definito ‘ipo-frazionamento‘ e in particolare abbiamo trattato più di 100 pazienti trattati con finalità curativa per eradicare la malattia tumorale in assenza di qualsiasi operazione invasiva. Le radiazioni dall’esterno vengono veicolate direttamente all’interno della prostata. All’interno dell’organo si attivano tutta una serie di effetti biologici che in modo selettivo distruggono le cellule tumorali e lasciano ‘vivere’ le cellule sane che poi hanno tutto il tempo di ripararsi. Questo tipo di trattamento viene concentrato in circa una settimana. Questo è dunque un approccio rapido e tutto questo è stato ottimizzato dalla presenza di una risonanza magnetica a bordo che consente gli ‘aggiustamenti’ di cui parlavo prima. La prostata spesso si trova molto a contatto con il retto, la vescica e perciò questi organi durante i trattamenti vanno preservati e tutelati da possibili danneggiamenti della radioterapia.

Oggi riusciamo a concentrare la dose solo sulla ghiandola prostatica dando quella dose efficace per eradicare le cellule tumorali

ma con la risonanza magnetica schermiamo gli organi sani. I risultati ci premiano perché nei nostri pazienti non abbiamo osservato effetti collaterali importanti scongiurando, anche nel lungo periodo, situazioni infiammatorie che spesso sono una delle problematiche della radioterapia”.

– La pandemia purtroppo ha portato a diagnosi tardive e alla creazione di liste d’attesa. Cosa ha potuto osservare in base alla sua esperienza?


“Durante la prima ondata abbiamo avuto una riduzione dell’accesso visto che i nostri pazienti provengono da tutta Italia e dall’estero, perché la nostra macchina risonanza 1.5 tesla e integrata in una macchina complessa, ma le limitazioni dei trasporti e la paura ha contratto gli accessi verso l’ospedale. Abbiamo recuperato nei mesi estivi. Durante la seconda ondata, anche grazie al lavoro di sensibilizzazione dei media, in merito ai controlli oncologici e di non rinviare le cure sia i nostri sforzi che l’attenzione degli stessi pazienti ci ha consentito di non perderli e continuare a trattarli nel migliori dei modi questo vale nel mio campo ma anche in tutti gli altri”.


Fonte agenzia DIRE

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Endometriosi, Ceccaroni: “Con il Negrar Method le disfunzioni post operatorie scendono dal 37% a 6%



L'intervista al dottor Marcello Ceccaroni, direttore del Dipartimento per la tutela della salute e della qualità di vita della donna-UOC di Ginecologia e Ostetricia dell'IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar di Valpolicella a Verona


L’endometriosi colpisce più di tre milioni di donne in Italia con un’incidenza sottostimata. Una donna su 10 è affetta, infatti, da endometriosi con un grosso impatto sulla qualità della vita anche in termini di infertilità. Il problema principale dell’endometriosi è il ritardo diagnostico. Di fatto, dall’esordio dei sintomi lamentati dalla donna al momento della diagnosi in media trascorrono dai 7 ai 12 anni. L’unica vera arma per sconfiggere l’endometriosi è la diagnosi precoce.

Il ginecologo ambulatoriale però deve tener conto che tra le possibilità vi sia anche questa patologia e la donna allo stesso tempo non deve ‘arrendersi’ al dolore ma rivolgersi a centri specializzati. In vista della giornata mondiale dell’endometriosi, che si celebra il prossimo 28 marzo, e per accendere una luce sulla patologia e attivare una maggiore cultura nella popolazione femminile l’agenzia di stampa Dire ha intervistato uno dei massimi esperti, il dottor Marcello Ceccaroni, direttore del Dipartimento per la tutela della salute e della qualità di vita della donna-UOC di Ginecologia e Ostetricia dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar di Valpolicella a Verona, ideatore del ‘Negrar Method’ e membro del ‘Progetto endometriosi’ promosso da Agenas e dal ministero della Salute.

“L’endometriosi è una malattia che ha una grave vizio cioè i sintomi non sono adeguatamente interpretati. Il ritardo diagnostico, come è noto, si aggira intorno ai 7-12 anni. Quindi dal momento in cui insorge e il momento in cui viene diagnosticata trascorrono molti anni. Tutta una ‘filiera’ di medici diciamo che ha spesso una ‘responsabilità’ nella storia clinica di queste pazienti. Il medico di medicina generale così come il pediatra è la prima frontiera che si trova davanti la paziente. Queste figure sono le prime che possono interpretare quel corredo di sintomi e capire che qualcosa non va e inviare la donna ad ulteriori accertamenti specialistici. D’altra parte, il ginecologo di base dovrebbe avere quei ‘tool’ culturali e strumentali per poi poter porre almeno un sospetto diagnostico per inviare la paziente ai centri di riferimento per questa patologia”.

IL NEGRAR METHOD

– Il vostro è un centro altamente specializzato per la cura dell’endometriosi, soprattutto nelle forme più severe. Lei e la sua equipe (recentemente premiata al Senato nell’ambito dell’evento promosso da Fondazione Onda con i bollini rosa per l’alta umanizzazione delle cure e attenzione ai bisogni delle donne) vi trovate quotidianamente ad affrontare quadri clinici difficili che richiedono anche delle chirurgie complesse. A tal proposito ci vuole raccontare in cosa consiste il metodo chirurgico da lei creato che prende il nome di questo ospedale e soprattutto i vantaggi di cui beneficiano le pazienti?

“La chirurgia ideale per l’endometriosi è quella che non ha mai luogo. Questo vale chiaramente in un mondo ideale nel quale la paziente può essere trattata da un punto di vista farmacologico garantendo sia una qualità di vita adeguata che lo stop della progressione della malattia. Ci sono dei casi, ben specifici, nei quali l’endometriosi è talmente avanzata da creare delle infiltrazioni molto importanti ai visceri attorno all’utero e che sono: l’intestino, la vescica e gli ureteri che richiedono una chirurgia. Quest’ultima è necessaria anche quando le terapie mediche falliscono. La chirurgia nell’endometriosi è ‘aggressiva’ perché non ‘lavora’ solo sull’ovaio o sulla tuba ma incide su degli organi molto importanti e che contengono una serie di strutture nervose e che regolano le funzioni della pelvi come lo svuotamento della vescica, la defecazione, la continenza intestinale ma anche l’eccitabilità sessuale che comprende una serie di ‘riflessi’ neurovascolari che nella donna portano all’eccitabilità sessuale. Noi proponiamo la ‘chirurgia Nerve Sparing’ conosciuta dalla comunità scientifica con il nome di ‘Negrar Method’ che prende il nome dell’Istituto di cui faccio parte e che ha la caratteristica di preservare l’innervazione. La capacità di questo metodo è di avere la stessa radicalità chirurgica, cioè la stessa ‘aggressività’ sulla malattia delle altre tecniche, ma rispettando il maggior numero di fibre nervose che spesso con le ‘chirurgie tradizionali’ vengono danneggiate. Tale tecnica, perciò, ha portato alla riduzione delle disfunzioni post-operatorie dal 37% al 6% cambiando sicuramente la storia clinica di queste pazienti e migliorandone la qualità di vita”.

– Lei è anche coinvolto nel ‘Progetto endometriosi’ promosso da Agenas e dal ministero della Salute. Quali sono gli obiettivi perseguiti e le attività rivolte ai cittadini?

“Sono molto orgoglioso di far parte di questo progetto molto importante che ha l’ambizione di creare formazione e informazione. La formazione è quell’elemento che si rivolge al ginecologo ambulatoriale, consultoriale e al medico di medicina generale, al pediatra e a tutte cioè quelle figure che possono ‘intercettare’ precocemente la paziente affetta da endometriosi. La parte dell’informazione vuole coinvolgere invece tutta quella filiera del ritardo e parla alle famiglie, alle scuole e direttamente alle ragazze. Se l’endometriosi colpisce 1 donna su 10 in realtà dobbiamo rivolgerci e informare, non solo quella donna su dieci bensì parlare alle altre nove. Ma c’è di più, bisogna coinvolgere i professori, i fidanzati che possono ad esempio interpretare un dolore visto che l’endometriosi dà dolore durante i rapporti sessuali favorendo una diagnosi che arriverebbe probabilmente anni dopo cioè capire che qualcosa che non va e spingere la donna a rivolgersi a medici che si suppone siano sempre informati su questa malattia e sulle sue ripercussioni cliniche”.

– Soffrire di forti dolori pelvici, ad ogni ciclo mestruale, forse non è poi così normale come spesso si pensa. Quale messaggio vuole inviare alle giovanissime e alle loro mamme che magari ci stanno seguendo?

“Il dolore non è normale, soprattutto in caso di dolore connotato da caratteristiche precise quali: ciclico e a ridosso della ovulazione-mestruazione e che si ripete tutti i mesi. Se è cronico e costante tra un ciclo e l’altro e se è ingravescente, cioè se nell’arco dei mesi o degli anni queste condizioni di cui abbiamo parlato peggiorano. Non c’è nulla di normale in tutto questo. Dal punto di vista culturale è importante saperlo e riconoscerlo. Le mamme, le nonne e le stesse ragazze devono capire che non devono rassegnarsi e accettare questo tipo di dolore. Spesso dico in modo provocatorio alle giovanissime di ‘disubbidire’ alle madri o alle nonne se dicono loro che il dolore è normale. Il punto è che questo frena di almeno 3 o 4 anni il ritardo diagnostico. Bisogna tenere a mente che l’endometriosi è un ‘incendio’ che compare nella pancia della donna tutti i mesi per 14 volte all’anno. Da qui la conseguenza che un ritardo diagnostico di 10 anni significano 140 ‘incendi’ in quella pancia. La ‘disubbidienza’ è andare quanto prima, in caso di sospetto da uno specialista. Viceversa dico anche a quelle ragazze di non ‘fermarsi’ se si trovano davanti uno specialista che nega che ci sia endometriosi. Se il dolore riferito ha le caratteristiche descritte prima è importante continuare ad approfondire perché è possibile che un ginecologo ‘ambulatoriale non abbia gli strumenti per effettuare un accurata diagnosi a quel punto è bene che la paziente sii rivolga direttamente ai centri di riferimento specializzati nell’endometriosi”, ha concluso Ceccaroni.


Fonte agenzia DIRE
www.dire.it

https://www.dire.it/24-03-2023/887426-endometriosi-ceccaroni-con-il-negrar-method-le-disfunzioni-pos...


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Turismo a Negrar non solo vino e paesaggi  !

Appartamenti Alfredo dormire vicino ospedale di negrar

L'importanza dell'ospedale Sacro Cuore don Calabria per il territorio di Negrar di Valpolicella

 

Negrar di Valpolicella ha sicuramente un turismo particolare rispetto al resto della provincia Veronese.


Negrar ospitando sul proprio territorio l’Ospedale Sacro Cuore Don Calabria ha una presenza turistica di necessità o di salute con molte presenze.


Di necessità perché per i turisti provenienti da tutte le regioni d’Italia è necessario venire a Negrar per tutelare  la propria salute e farsi curare presso l’ospedale di Negrar che vanta delle eccellenze a livello Nazionale.


Molti sono i reparti che spingono le  persone a curarsi  presso l'ospedale sacro Cuore Don Calabria di Negrar.


 
Negrar è una  meta turistica che  offre oltre alle bellezze legate alla natura dai paesaggi al buon  vino e  ai siti archeologici, anche una qualità delle cure mediche a livello nazionale,
una tutela per la salute anche per chi viaggia per turismo.

Come trovare un appartamento vicino all' ospedale di Negrar per assistere un paziente ricoverato ?

Dove posso alloggiare molto vicino ospedale Negrar ?


molte persone si domandano 


Come trovare una sistemazione per la notte a Negrar ?

come trovare un appartamento vicino ospedale Negrar ?

Come posso trovare casa per qualche giorno vicino Sacro Cuore di Negrar ?

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Molte sono le scelte per alloggiare a Negrar da Hotel, alberghi, Bed and breakfast , affittacamere e appartamenti.


l'appartamento offre la possibilità di alloggiare più componenti della famiglia che in orari diversi possono riposare dandosi il cambio per garantire una assistenza continua al caro ricoverato presso l'ospedale sacro cuore Don Calabria di Negrar di Valpolicella.

Inoltre permette una volta dimesso dall'ospedale di avere un post ricovero senza essere disturbati , avendo camere separate e dimensioni generose dell'appartamento. ( Casa Laura)

In appartamento non si hanno orari stabiliti per colazione, pranzo e cena.
Si possono ottimizzare i costi per i pasti, con una spesa nei vicini supermercati si riesce a risparmiare molto.

Casa Laura visto le sue generose dimensioni circa 100  mq con 2 camere da letto, una ampia sala cucina con 1 bagno e 2 ampi balconi e  con tutti gli strumenti necessari lavastoviglie, lavatrice, televisione, wi-fi, ferro da stiro e la sua vicinanza all'ospedale sacro cuore Don Calabria è la soluzione migliore per soddisfare tutte le richieste anche di famiglie numerose con i cinque posti letti a disposizione suddivisi nelle 2 camere a disposizione.

La casa di Alfredo, sono appartamenti appena restaurati completi di tutti gli strumenti necessari per passare un piacevole soggiorno piano ad induzione , forno elettrico, lavatrice, wi-fi, ferro da stiro, televisione e asciugatrice, ideali per chi  vuole essere vicinissimo all'ospedale Sacro Cuore don Calabria di Negrar di valpolicella (Vr)


Casa Alfredo e Casa Laura sono ottime soluzioni abitative (appartamenti) alternative al B&B agli hotel e alberghi ed agli affittacamere.

Completi di tutto il necessario per passare in comodità il tempo necessario per assistere un proprio caro ricoverato in ospedale.



Ma quanto sono distanti dall'Ospedale Sacro Cuore di Negrar ?

Casa Alfredo dista circa 150mt dall'ospedale Sacro Cuore

Casa Laura dista circa 450 mt dall'ospedale Sacro Cuore